L’intervista di Telepress sul documentario trasmesso dal canale tv franco-tedesco Arte sull’antica civiltà sarda, che poco si studia
Non sono pochi mille anni di storia – tanto è durata la civiltà nuragica in Sardegna – eppure spesso sui libri di scuola italiani non compaiono che in un trafiletto e i ragazzi ne studiano appena qualche nozione. Come si suol dire in questi casi “Nemo profeta in patria”. Adesso, però, a fare conoscere le origine dell’isola nel cuore del Mar Tirreno si occupano gli studiosi francesi, così che a Parigi un documentario dedicato a nuraghi e pozzi sacri è stato presentato davanti a circa 200 persone tra esperti, giornalisti e rappresentanti di istituzioni e media, prima di essere mandato in onda con successo.
Trasmesso sul canale televisivo franco-tedesco Arte, “Sardegna, il mistero della civiltà dei Nuraghi” è stato realizzato dal gruppo audiovisivo Gedeon e invita a rileggere la storia dell’isola e del Mediterraneo durante l’età del bronzo e del ferro, tra il 1800 e l’800 a.C.. Questo perché nuove tecnologie, nuovi scavi e nuove metodologie di studio hanno gettato una nuova luce su un patrimonio storico unico. A parlarne a Telepress è Isabelle Catteddu, archeologa che vive in Francia e lavora all’Inrap (Istituto nazionale di ricerca in archeologia preventiva), ma sarda di origine come racconta bene il cognome. Innanzitutto le chiediamo quale sia stato il suo ruolo nel documentario.
“Ho partecipato a questo documentario come consulente scientifica e archeologa all’Inrap (che co-produce il documentario di Gedeon). Il mio principale desiderio era quello di far conoscere questa civiltà stupende e originale, poco conosciuta nel mondo ma anche in Italia, ed essere portavoce del lavoro e delle scoperte fatte dai miei colleghi sul campo e nei laboratori. Sono sarda e sono cresciuta tra nuraghi, tombe di giganti, siti fenici e romani. La mia passione per l’archeologia è nata proprio in Sardegna, dove ho iniziato le mie ricerche e svolto la mia prima esplorazione archeologica sul campo. La mia tesi di laurea era una mappa archeologica della Sardegna occidentale: un lavoro in cui ho cercato di capire il ruolo delle civiltà nuragiche e romane, nell’evoluzione della gestione del territorio dell’isola. Le relazioni tra le società del passato e il loro ambiente e la lettura dei territori a lungo termine sono al centro delle mie ricerche. Lavoro in Francia, ma ho sempre seguito le ricerche dei miei colleghi sardi e, qualche anno fa, ho ripreso le mie prime riflessioni e dati per rileggerle con uno sguardo nuovo, alla luce di 35 anni di scavi condotti su grandi superfici e di esperienze acquisite nei programmi internazionali di ricerca interdisciplinare a cui collaboro”.
Quali sono i risultati più importanti dei nuovi studi sulla civiltà nuragica?
“I nuovi risultati sono particolarmente promettenti. Ecco qualche esempio:
– le nuove datazioni radiometriche permettono di precisare le origini della civiltà, la datazione dei primi nuraghi, delle prime fasi della tecnica architettonica della tholos… Permettono anche di datare le fasi di trasformazione di questa società nel corso di un lungo millennio;
– lo studio di grani, pollini, carboni, prelievi negli strati, informano sulla vita quotidiana dei popoli nuragici, le pratiche alimentari, il loro ambiente, il clima, la vegetazione, le pratiche agricole e di allevamento… Gli esempi presentati nel documentario mostrano tutto il potenziale della ricerca sull’isola (soprattutto se si considera lo stato di conservazione dei livelli di occupazione). Lo scavo del nuraghe Arrubiu a Orroli è un buon esempio. L’archeologo Mauro Perra ha sviluppato un lavoro interdisciplinare e studi paleoambientali i cui risultati sono eccezionali;
– gli scambi scientifici internazionali attraverso i convegni e pubblicazioni arricchiscono i dati sulle relazioni tra l’isola e il mondo mediterraneo occidentale ed orientale;
– gli studi chimici forniscono nuove informazioni sull’origine dei metalli che sono stati utilizzati nella fabbricazione dei bronzetti”.
Perché la civiltà nuragica viene considerata un unicum?
“Da solo, il nuraghe, la torre, si avvicina in certi modi, ad altri monumenti megalitici o ad altre tecniche architettoniche come nelle Baleari, a Malta, Micene…Ma ciò che rende questa civiltà, unica, è l’insieme della sua originalità culturale: sia la sua architettura civile (nuraghi semplici o complessi, villaggi), religiosa (pozzi sacri, santuari…), e funeraria (tombe di giganti), il numero eccezionale di monumenti ancora in piedi (più di 8000 nuraghi) e le qualità tecniche di questi monumenti, l’organizzazione della società per un millennio, l’organizzazione strutturata del territorio e la sua pianificazione, la qualità e il numero delle statue in bronzo (bronzetti nuragici) e in pietra (Giganti di Monte Prama). Siamo davanti a uno dei più grandi popoli costruttori del Mediterraneo nell’età del Bronzo”.
Questo documentario, garantisce la dottoressa Catteddu, permetterà una nuova lettura didattica dei siti nuragici. In Francia è uscito anche uno speciale sulla civiltà nuragica sulla rivista Archeologia, aperta al grande pubblico. Per la Sardegna una nuova chance di conoscere meglio il suo passato e di attrarre nuovi turisti colti.
di Daniela Faggion