Il film K2 - La montagna degli italiani, in onda lunedì e martedì scorsi su Rai 1, è stato un’occasione, forse sprecata, per fare chiarezza su una vicenda per troppi anni oscura e per rinfrescarci la memoria sul primo moto d’orgoglio nazionale dopo le batoste della seconda guerra mondiale. Non solo. Un’impresa eccezionale come quella, in cui l’Italia aveva chiamato a raccolta i propri migliori alpinisti (salvo eccezioni come quella di Riccardo Cassin, rimasto a casa) per scalare il più arduo degli 8000 nonché seconda montagna della terra, è stata ridotta al grottesco. Ne sono convinti anche Reinhold Messner , Rossana Podestà (compagna di Walter Bonatti) e Luigi Zanzi (uno dei tre saggi della relazione del Cai del 2004 che indagò sui lati oscuri della spedizione), i quali bocciano senza mezzi termini la fiction. “La mia impressione – sottolinea Zanzi – è che questa fiction abbia diminuito e ridotto in termini risibili una grande impresa alpinistica. Non è stata adeguata al tema per due motivi: prima di tutto se fai una fiction alpinistica devi sapere cos’è l’alpinismo d’alta montagna, mentre qui sembra che i protagonisti non siano mai saliti neanche su una collina. I movimenti, i passi, le cadute sono palesemente irreali. In secondo luogo, se anche è vero che una fiction ti lascia margini ampi di libertà, quando si fa intendere di essersi attenuti ai documenti di ricostruzione non puoi fare quel che ti pare e piace. Bisogna avere il coraggio della storia”. Messner lo confessa: “ Gli attori quando cadono sembrano degli ubriachi. Bonatti viene presentato come un eccentrico concentrato sul proprio successo personale, mentre nella realtà sappiamo che fu fondamentale proprio per il gioco di squadra e che era convinto che il successo di quella spedizione passasse proprio attraverso il lavoro di tutti” .
Sul K2 televisivo rimangono le polemiche
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