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30 Ottobre 2023 | Attualità, Economia

Talenti italiani all’estero: chi parte, chi resta e chi non rientra

Dal 2013 al 2021 i laureati in uscita dal nostro Paese sono aumentati quasi del 42%. E nonostante i giovani ricercatori italiani siano al secondo posto tra i più premiati dal Consiglio europeo della ricerca (Erc), realizzano i loro progetti soprattutto all’estero, dove migrano in cerca di salari più alti e maggiore meritocrazia. E intanto arriva la stretta del fisco a rendere meno vantaggioso il loro rientro in Italia

Sono i dati presentati dal nuovo Libro Bianco sulle Scienze della Vita in Italia, presentato da The European House – Ambrosetti. La ricerca rileva che l’86% dei cervelli rimasti in Italia lamenta salari bassi e poco competitivi con l’estero, l’80% mancanza di meritocrazia. All’estero invece, gli ecosistemi internazionali risultano attrattivi soprattutto per la presenza di finanziamenti (84%) e per l’alta qualità della ricerca scientifica (72%), affiancata dalla facilità di accesso e progressione nella carriera accademica (56%).

L’emigrazione, una costante italiana

Emigrare è una regola in Italia, non un’eccezione. Si sceglie l’estero per studiare o lavorare in cerca di migliori opportunità o di più alte retribuzioni. I numeri delle recenti ondate migratorie di giovani in cerca di fortuna fuori dai confini nazionali sono molto maggiori rispetto a quelli ufficiali. Lo dimostra lo studio “Lies, Damned Lies, and Statistics: un’indagine per comprendere le reali dimensioni della diaspora dei giovani italiani” a cura della Fondazione NordEst e Talented Italians in Uk. Gli autori della ricerca, Ludovico Latmiral, Luca Paolazzi e Brunello Rosa, hanno analizzato il fenomeno e messo in luce l’impatto negativo sul potenziale di crescita dell’economia italiana e quindi sulla sostenibilità del debito pubblico.

Chi va e chi torna

Giovani tra i 20 e i 34 anni, con elevato grado di istruzione, sono gli “emigranti economici” nel secondo decennio del duemila i cui dati apparentemente sembrano inferiori alle tre grandi emigrazioni passate. Negli undici anni 2011-2021 secondo i dati Istat 451.585 giovani italiani di 18-34 anni hanno trasferito all’estero la residenza, mentre 134.543 dall’estero l’hanno trasferita in Italia. Nel complesso, dall’Italia sono usciti 317.042 giovani (saldo migratorio). Questo numero si confronta con i quasi 600mila del saldo migratorio totale di italiani nello stesso periodo. Il quale è un terzo degli 1,8 milioni del 1951-61 e del 1919-1930 e i 5,2 milioni del 1904-14. Questo ha indotto a non assegnare alla nuova fase del fenomeno una rilevanza demograficamente significativa. Anzi, per gli specialisti della materia si tratta di un movimento fisiologico, legato all’integrazione europea. Ma la realtà è un’altra. Numerosi giovani restano residenti in Italia e non si registrano all’Aire, e quindi il fenomeno è sottostimato. Il numero reale del flusso, però, nel periodo 2011-2021 sale a quasi 1,3 milioni, analogo agli anni ’50, che genera un “costo” in perdita di capitale umano stimato in 38 miliardi.

L’impatto delle novità fiscali in tema “rientri”

I dati Istat nel 2021, dopo la pandemia, rilevano che sono rimpatriati 75mila Italiani, un numero più alto del 10 per cento rispetto al periodo pre-pandemia. Questo proprio grazie agli incentivi del decreto “rimpatriati” del 2015. Dal 2017 al 2021 il numero dei rimpatri è aumentato di circa quattro volte. Per contro, 94mila cervelli hanno invece lasciato l’Italia per trasferirsi all’estero. Tra il 2012 e 2021 i giovani fra i 25 e i 34 anni espatriati sono circa 337mila, di cui oltre 120mila laureati.

Insomma, è chiaro ed evidente che le difficoltà a trattenere o richiamare i migliori cervelli entro i confini nazionali aumenteranno con il fisco che pone un freno ai bonus per attrarre talenti. Il Consiglio dei ministri nel disegno della Legge di Bilancio 2024 ha attuato una delega parlamentare e ha tagliato gli incentivi che resistevano da un decennio: dal 2024 dipendenti e autonomi potranno beneficiare di un regime fiscale agevolato per un massimo di 5 anni, con una sforbiciata delle tasse del 50% ma solo fino a 600mila euro di reddito. Oggi gli sconti sulle tasse non hanno limiti di reddito e possono durare anche 10 anni, con tagli dal 70% al 90%, se si sceglie di vivere al Sud. Dal 2024 per avere lo sconto bisognerà essere stati all’estero per tre anni, contro i due attuali, e se si cambia idea prima di un quinquennio scatta l’obbligo di restituire tutto con gli interessi. Queste fattispecie riguardano nello specifico legislatori, imprenditori, quadri, o professionisti in materie scientifiche e tecniche. Mentre non subiranno variazioni rispetto al regime fiscale agevolato i ricercatori e i professori universitari.

di Luisa D’Elia

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