Come anticipato, ha avuto luogo all’interno del Telefilm Festival 2010 il workshop ‘E’ già finita la golden age dei telefilm sulle reti italiane?’. Al confronto, moderato da Aldo Grasso, hanno partecipato Giorgio Buscaglia (responsabile programmazione cinema e fiction Raidue), Laura Corbetta (amministratore delegato YAM112003), Carlo Freccero (direttore Rai4), Marco Leonardi (direttore contenuti Mediaset Premium), Carlo Panzeri (vice direttore Rete4), Alberto Rossini (ddirettore editoriale canali televisivi – Digicast spa), Fabrizio Salini (vice presidente Fox Channels Italy), Luca Tiraboschi (Direttore Italia 1). In apertura è stata presentata una ricerca realizzata dal Ce.R.T.A., che ha quantificato il momento di ‘crisi’, o quantomeno di inversione di tendenza dopo anni di inarrestabile crescita, per le serie Usa programmate sulle reti italiane. La ricerca ha evidenziato che nel 2009/10, ben il 66,7% delle serie andate in onda in prime time sulle reti generaliste appartengono a un unico genere, il poliziesco: tutto il resto è quasi scomparso, almeno dalle reti maggiori. E anche gli ascolti sui network calano: rispetto al 2007/08, lo share dei telefilm scende dell’1,27%, assestandosi sotto la soglia simbolica del 10% (9,8%). I relatori hanno cercato quindi di risalire alle possibili cause – mutate logiche di programmazione, variazioni nell’offerta, l’aumento delle piattaforme distributive, il downloading illegale – delineando possibili scenari di interevento futuro. Ha aperto il giro degli interventi Carlo Freccero che ha lanciato una provocazione a tutti i partecipanti: “La tv generalista manca di editorialità, che è invece la forza della pay, dei canali tematici a pagamento come Fox e Mediaset Premium . Solo questi canali riescono a usare il prodotto seriale per sviluppare una linea editoriale ben definita .” Freccero, che ha affermato di essere un grande fan di serie come Fringe e Flash Forward , sostiene che i gruppi televisivi usano le proprie reti come un’unica struttura, senza differenziare l’identità delle singole reti in modo netto. Il coordinamento editoriale dei gruppi dovrebbe creare concorrenza e distinguere le reti e il pubblico di riferimento e non uniformare i propri palinsesti. Luca Tiraboschi ha risposto alla provocazione affermando: ” Il coordinamento editoriale tra le reti Mediaset funziona in modo efficace” . Il direttore ha spiegato che , invece, una delle cause della presunta crisi sia da ricercarsi in come è cambiato lo scenario del mercato: fino a qualche anno fa era solo una la rete a programmare telefilm, oggi lo fanno tutte. Inoltre, il prodotto arriva sulle generaliste ‘usurato’ dai passaggi sulla pay. E il downloading illegale fa il resto. “La somma di tutti questi elementi non è segnale di crisi ma, anzi, di crescita numerica degli spettatori” , ma ha sottolineato come sia invece diminuità la qualità dell’offerta, con titoli che ‘scimmiottano’ vecchi successi, con poche nuove idee. Fabrizio Salini ha invece sottolineato come i canali Fox vadano proprio nella direzione opposta a quella delle reti generaliste : “Ogni canale ha una sua identità precisa e un pubblico altamente profilato” . Un esempio importante è quello di FX, canale appena oggetto di un riposizionamento totale e che propone le serie più sofisticate e di qualità: ” Ciò che ci interessa è la qualità del target, non i grandi numeri. Il mercato pubblicitario dovrebbe accorgersi di questo grande cambiamento e non basarsi più sul “conteggio delle teste” davanti alla tv ma sulla qualità e il valore del pubblico che guarda un singolo evento”. L’aspetto pubblicitario è stato sottolineato da Grasso come elemento nodale del mercato: “Le concessionarie pubblicitarie sono arretrate e si muovono come dei pachidermi, non hanno capito che grande rivoluzione sia in atto.” Esempio interessante e in controtendenza è quello dell’eliminazione dei telefilm da un palinsesto, portato da Alberto Rossini (Digicast, cui fanno capo Lei e Jimmy) che ha cancellato da giugno le serie TV da Lei: “in Italia c’è una situazione paradossale; l a domanda supera l’offerta e le reti principali si accaparrano i prodotti migliori, lasciando digiuni i canali più piccoli” Marco Leonardi ha prospettato un nuovo scenario in cui “la multicanalità porterà ad un ripensamento della tv generalista non solo in senso lineare, ma anche non lineare”, riferendosi alla possibilità per gli spettatori di accedere autonomamente ai contenuti in qualsiasi orario grazie a internet, costruendosi – di fatto – dei palinsesti personalizzati. Quello del “palinsesto personalizzato” è uno scenario sottolineato anche da Laura Corbetta: “l’esperienza di Bonsai TV spiega come nella crisi il web giochi un ruolo fondamentale, anche se la tv ancora non vede Internet come un mezzo per vedere i telefilm.” L’unico genere che resiste, come evidenziato dalla ricerca, è il “procedural” o poliziesco. Su questo è intervenuto Giorgio Buscaglia, la rete che ha fatto di questo genere uno degli appuntamenti di maggior successo. “Gli episodi del filone poliziesco – principalmente di derivazione CBS – sono autoconclusivi e resistono negli anni. Il filone romantico – che proviene in larga parte dal network ABC – cui appartengono Brothers and Sisters e Desperate Housewives segna invece il passo” Se la serialità americana perde colpi nel contesto della televisione generalista, continua invece a rappresentare una risorsa importante, nel contesto della pay tv, per pubblici fedeli , con profili demografici più marcati (target 15/49 anni, fascia socio-economica Alta e Medio-alta), capaci di sfruttare a pieno le risorse offerte dal digitale: la ricerca ha evidenziato, tra le contromisure anti-crisi, come, su questi canali, si assiste ad una riconquista di spettatori abituati a forme alternative e illegali di consumo di serialità (il downloading dalla Rete) grazie agli esperimenti di messa in onda degli episodi a brevissima distanza dalla programmazione americana. Emblematico il caso di Lost : l’impatto della programmazione in versione originale è del +10% sugli ascolti complessivi della sesta (e conclusiva) stagione della serie.
Telefilm Festival: sulle tv generaliste sopravvive solo il poliziesco

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