Si verifica da centinaia di anni in Abruzzo e ora uno studio della Sapienza di Roma lo racconta, anche dalle pagine del Journal for Nature Conservation.
Fra le varie disgrazie per cui verrà ricordato il 2023 in Italia c’è anche la prima vittima di un orso: il runner aggredito e ucciso nei boschi del Trentino a inizio aprile. Per qualche settimana non si è parlato d’altro, sempre coi toni estremizzati che caratterizzano i dibattiti in Italia, dove prima siamo tutti animalisti e poi, quando succede il fattaccio, tutti cacciatori.
Per fortuna, ci sono gli scienziati che, lontani dalle emozioni del momento, cercano spiegazioni sensate ai fenomeni, naturali e sociali. Un nuovo studio coordinato dall’Università La Sapienza di Roma in collaborazione con l’Istituto spagnolo di studi sociali avanzati rivela adesso le caratteristiche di una coesistenza possibile fra genere umano e orsi, basandosi sulle rilevazioni effettuate nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, fresco di centenario festeggiato nel 2022 e con un bell’orsetto sin dal suo logo. Lo studio è stato pubblicato anche sul Journal for Nature Conservation.
I ricercatori hanno realizzato dei questionari, compilati dalla popolazione, per capire gli atteggiamenti di chi convive con gli orsi bruni marsicani. Sono state 196 le persone intervistate, appartenenti a diverse categorie professionali: guardaboschi, forestali, albergatori, pastori, cacciatori. Per tutti i gruppi le risposte hanno indicato atteggiamenti favorevoli nei confronti degli orsi, da positivi (pastori e cacciatori) a fortemente positivi (guardie forestali, guardaboschi e albergatori).
“In virtù della lunghissima coabitazione, dell’elevata tolleranza e dell’atteggiamento positivo nei confronti del plantigrado, occorre promuovere una responsabilità collettiva nei confronti della specie, che non può più essere vista come un vincolo per le comunità locali”: lo afferma Paolo Ciucci, professore al dipartimento di Biologia Ambientale e coordinatore dello studio della Sapienza.
Secondo Ciucci, “l’intera comunità deve essere coinvolta nella gestione e condividere l’orgoglio della conservazione di una specie localmente considerata di elevato valore”. Peraltro, nelle aree in cui esseri umani e orsi hanno convissuto da tempi immemori, non solo gli atteggiamenti si sono rivelati positivi ma si sono dimostrati simili tra diversi gruppi, inclusi i residenti che hanno espresso orgoglio e attaccamento verso la specie.
“Nonostante tutti sostengano la causa della sua conservazione”, spiega Jenny Anne Glikman, ricercatrice presso dell’Istituto spagnolo di studi sociali avanzati e prima autrice dello studio, “la divergenza di vedute aumenta in relazione alla percezione di come i costi e i benefici della coesistenza siano distribuiti tra categorie sociali”.
di Daniela Faggion