Tra Michael Moore e il capitalismo c’è una relazione complicata. Il regista americano prova a raccontare, nel suo stile sarcastico e lievemente populista, le falle dell’economia e della società moderna che da essa deriva. ‘Capitalism: A Love Story’ accusa in prima battuta le banche, centro nevralgico del sistema e prime responsabili, secondo Moore, dell’attuale crisi globale. Finanza, politica e multinazionali sono sotto tiro, responsabili diretti dei 14 mila americani che ogni giorno perdono il lavoro. L’autore intervista, al solito ritmo sostenuto, uomini di Chiesa e giornalisti del Wall Street Journal, sbeffeggia il mercato borsistico senza scordare il grande colosso simbolo del crack del 2008, General Motors. Una pellicola summa della carriera di Moore, che mescola argomenti e tesi già anticipate nei suoi documentari precedenti: “ Abbiamo cominciato le riprese nella primavera del 2008, in realtà io sto girando questo film da almeno vent’anni. Un anno e mezzo fa lo scenario ha cominciato a cambiare, l’economia era franata e veniva gestita in modo folle ed è per questo che ho cominciato a pensare al film” ha spiegato. Economia minata dalla rapacità di pochi, dunque, ma anche una democrazia a rischio, quella statunitense “ perché in America il gap tra ricchi e poveri è diventato insostenibile” . Il regista di Flint non suggerisce risposte alla crisi di sistema, ma ribadisce più volte che, prima o poi, qualcosa andrà cambiato. Rancore e speranza serpeggiano affiancate per tutto il film, che resta, come il resto della produzione di Moore, un’anomalia nel panorama hollywoodiano. Così come per anni sono stati anomali i corti e i lungometraggi d’animazione firmati Pixar. La casa, specializzata in cartoon digitali, ha ricevuto ieri un importante riconoscimento: il suo fondatore, John Lasseter, è stato premiato con il Leone d’Oro alla carriera, a testimonianza della rivoluzione di linguaggio e di approccio all’animazione portata due decenni fa dai primi esperimenti Pixar. “La tecnologia non crea i film. Le persone lo fanno. Non sei un animatore solo perchè sai muovere un oggetto dal punto A al punto B. Sei qualcuno che dà vita ad un personaggio: un qualcosa che i software e la tecnologia non possono fare” questo, in sintesi, il Lasseter-pensiero. Per l’occasione è stato presentato in Italia ‘Up’, ultimo lavoro firmato Pixar (oggi parte di Disney) che sbarcherà nelle sale del Belpaese intorno alla metà di ottobre. Tutti gli aggiornamenti sul Festival di Venezia: Venezia66: il lato (in)conciliante della mostra Venezia66: Tornatore convince a metà
Venezia66: il capitalismo degenerato di Moore e il Leone al papà di Pixar

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