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15 Febbraio 2011 | Attualità

YouTube è una tv? Intervista al commissario Agcom Nicola D’Angelo

YouTube è o meno equiparabile a una televisione? Il palinsesto di YouTube è gestito in modo automatico o esiste una responsabilità editoriale di chi tiene le fila del portale? E, ben pensandosi, YouTube ha sede in Irlanda, quindi questi quesiti sono inutili. Questo è piccolo esempio del caos che regna attorno alle regolamentazioni italiane sulle web tv. Il testo , o meglio doppio testo , di riferimento è quello griffato Agcom, datato fine 2010 e facente riferimento al decreto Romani sugli audiovisivi. Secondo quanto deliberato dall’Autorità, che ha alleggerito le norme studiate in un primo momento, le web radio e le web tv con fatturato superiore ai 100 mila euro l’anno e un palinsesto che supera le 24 ore settimanali di programmazione devono chiedere l’autorizzazione a trasmettere, versare un contributo una tantum (500 euro per le web tv e 250 per le web radio) e iscriversi al registro degli operatori di comunicazione. Per ciò che concerne gli obblighi a cui sottostare, le realtà in questione equiparate alle televisioni tradizionali, comprese ovviamente le eventuali sanzioni. I portali di user-generated-content sarebbero esclusi, ma il condizionale è d’obbligo non essendo chiari i limiti entro i quali un portale ha o meno responsabilità editoriale. Un esempio? YouTube gestisce la pubblicazione e l’eventuale cancellazione dei video in modo automatico, ma nel momento in cui stringe accordi economici con etichette discografiche o major cinematografiche è attivo economicamente ed editorialmente. Nel caso specifico, la piattaforma di Google non è soggetta alla regolamentazione dell’Agcom (e del decreto Romani) in quanto la sede è al di fuori dell’Italia ma la poca chiarezza in merito non si può ignorare. Bisogna inoltre tenere conto della questione della concorrenza  editoriale: le realtà che in rete fanno concorrenza alla tv tradizionale sono incluse nel regolamento. La definizione non è chiara e soprattutto è opinabile.   Abbiamo chiesto lumi al commissario Agcom Nicola D’Angelo , dichiaratosi in più occasioni contrario alle nuove regole. “E ‘ sbagliato estendere le regole della televisione a internet” , ha dichiarato D’Angelo a Quo Media evidenziando come il primo errore risieda nel punto di partenza. ” E’ una visione sbagliata , il discorso andava fatto all’inverso: le nuove tecnologie sono andate oltre le dinamiche televisive, avrebbe avuto più senso partire dal web per regolamentare in modo attuale la televisione” , ha aggiunto. Questo paradosso, evidente si se si pensa a quanto differiscono le logiche e gli obblighi tivvù e web e, soprattutto, tivvù e web 2.0, è presente già nella direttiva europea del 2007 e, ha sottolineato D’Angelo, si è appesantito con il decreto Romani e con la richiesta all’Agcom di stilare regole che hanno aumentato il tasso di squilibrio. Secondo il commissario D’Angelo ” la questione dovrebbe essere posta al centro del dibattito parlamentare” e bisognerebbe stilare “poche e chiare regole e mantengano intatta la libertà del web”. “B isogna pensare al futuro, a cosa accadrà fra quattro cinque anni – ha aggiunto il commissario -, le web radio e web tv sono realtà di grande valore economico e comunicativo”. A oggi, ha concluso D’Angelo, ” le regole dell’Agcom non sono chiare e per rendersi conto degli effetti concreti che avranno bisognerà attenderne l’attuazione”.   Martina Pennisi

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