Si stringe il bavaglio ai media in tema di intercettazioni all’interno degli emendamenti presentati dal governo al ddl relativo alle registrazioni audio/video , ora all’esame della commissione giustizia del Senato. Secondo le modifiche proposte, chi pubblica pubblica in tutto o in parte atti o documenti di un procedimento penale di cui sia vietata per legge la pubblicazione è punito con l’ arresto fino a due mesi o con l’ammenda dai due ai diecimila euro. Se a essere pubblicato è il contenuto delle intercettazioni, si applica l’ arresto fino a due mesi e l’ammenda dai quattromila ai ventimila euro. La condanna comporta anche la sospensione temporanea dall’esercizio delle professione. Le pene valgono tanto per la stampa quanto per la trasmissione radio-televisiva. Si inaspriscono le pene anche per chi opera all’interno degli uffici giudiziari e rivela il contenuto di intercettazioni e di tutti gli altri atti giudiziari coperti da segreto: un massimo di sei anni di reclusione, contro i cinque del ddl votato alla Camera. Chi è responsabile della rilevazione delle intercettazioni rischia una reclusione da sei mesi a quattro anni , a meno che dalle riprese e dalle intercettazioni non emerga una notizia di reato che venga tempestivamente comunicata all’autorità giudiziaria. Secondo gli emendamenti, la magistratura potrà ricorrere alle intercettazioni solo in presenza di “gravi indizi di reato” , eliminando dunque il precedente requisito “evidenti indizi di colpevolezza” . A decidere l’applicabilità di quanto rilevato sarà il tribunale, e non più il gip. Se le intercettazioni riguardano un parlamentare è necessaria l’autorizzazione della Giunta di Camera o Senato. Autorizzazione che va richiesta anche per l’acquisizione di tabulati di comunicazioni. Il governo ha chiesto poi di modificare la norma transitoria in modo che per le indagini in corso continui a valere la vecchia normativa , ma le intercettazioni non potranno comunque superare il nuovo limite temporale di 75 giorni dall’entrata in vigore della legge. ” Non sapremo più nulla degli imprenditori che ridevano a crepapelle per il terremoto dell’Aquila, delle parole oscene di Berlusconi contro chi non era capace di cacciare Santoro, di calciopoli e via discorrendo. Non ci sarà più né mafia né camorra, alla faccia delle ‘balle’ di Saviano. Ci sarà solo l’Italia che vuole Berlusconi, truccata con lo stesso cerone usato da lui”, è il commento pubblicato su Facebook dal segretario nazionale del Pdci, Oliviero Diliberto.
Intercettazioni, stretto bavaglio ai media

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