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3 Marzo 2014 | Innovazione

Chi twitta non si legge

Gli utenti di Twitter tendono a non leggere (o guardare/ascoltare) i contenuti che condividono tramite il social network. La comunicazione attraverso il micro-blog è, per definizione, rapida, stringata, immediata, ragion per cui anche quando si inseriscono link nei messaggi, difficilmente si è effettivamente letto/visto quel che dicono/mostrano. A rivelare la scarsa propensione degli utenti verso l’approfondimento è uno studio di Chartbeat , società che misura in tempo reale il traffico sui siti internet, secondo cui non c’è “una correlazione tra condivisione di un contenuto e una sua effettiva lettura” . Meno di un quarto degli articoli viene letto per intero, molti non vengono nemmeno cominciati. La medesima considerazione potrebbe essere applicata agli scambi su Facebook che, nonostante sia meno basato su una comunicazione ‘live’, pecca anch’esso di profondità e punta molto sulla voglia di affiggere qualcosa – un post (it), appunto – sulla propria pagina, così da mostrare l’intenzione di messaggio, più che un contenuto vero e proprio. “ Naturalmente c’è una connessione tra numero di tweet e volume totale del traffico verso un articolo – prosegue la ricerca – . Ma questo non significa che i contenuti più letti siano quelli più twittati” .  A penalizzare il tempo di permanenza sulle pagine dei link condivisi via social network contribuisce l’uso sempre maggiore dei dispositivi mobili, con i quali ci si sofferma meno sui contenuti, per motivi morfologici (schermi piccoli che non agevolano la lettura prolungata) e contestuali (si naviga mentre si fa altro, spesso in movimento).  Insomma, si twitta, si ritwitta, spesso da smartphone, in fretta, mentre si attende un treno o un tram , proponendo (e riproponenti) articoli, video, musica cui si è data solo una rapida occhiata, magari per garantire credibilità e un aspetto interessante al proprio profilo, così da colpire i follower e costruirsi un’immagine 2.0 intrigante, a seconda dei propri riferimenti. Al tempo stesso, il coinvolgimento dei lettori potenziali è piuttosto basso, per i medesimi motivi . Certo, veicolare contenuti di qualità, secondo Chartbeat, è importante perché instillano negli utenti la propensione a tornare sulla testata (il sito o il giornale) che li ha prodotti, favorendo un circolo virtuoso di traffico e ricavi (pubblicitari e non solo). Nel complesso, però, la comunicazione via Twitter e Facebook resta un mordi e fuggi perfetto per solleticare l’ego e la curiosità di una pausa pranzo: a meno che la qualità del contenuto non scavi più a fondo, impressionando l’utente a tal punto da scardinare il meccanismo link-click, per farlo approdare direttamente alla fonte. Facendo colpo sul serio. 

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