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31 Maggio 2021 | Ambiente, Economia

L’Italia tra i Paesi più virtuosi per il riciclo di alluminio

CiAl, il Consorzio Nazionale per il Recupero e il Riciclo degli imballaggi in allumino, ha presentato i dati relativi al 2020 sull’alluminio riciclato: l’Italia si conferma un’eccellenza europea.

Sono dati molto positivi quelli emersi nell’assemblea annuale delle imprese consorziate a CiAl sul riciclo dell’alluminio. Nel 2020 l’Italia ha riciclato 47.400 tonnellate di imballaggi in alluminio, pari al 68,7% delle 69.000 tonnellate immesse sul mercato. Si tratta di un risultato che ha permesso di evitare emissioni serra pari a 355mila tonnellate di CO2 e risparmiare energia per oltre 153mila tonnellate equivalenti di petrolio.

Un risultato virtuoso per un Paese che basa la propria produzione di alluminio interamente sul riciclo e che è stato possibile grazie alla collaborazione tra istituzioni, imprese, operatori, cittadini e Comuni.

Dai dati diffusi da CiAl emerge infatti che, ad oggi, sono quasi 5.500 i Comuni e circa 47 milioni i cittadini attivi nella raccolta differenziata dell’alluminio con cui il consorzio collabora, nell’ambito dell’Accordo Quadro Anci-Conai, su tutto il territorio nazionale.

Bruno Rea, Presidente di CiAl, ha affermato che “grazie ai continui miglioramenti introdotti dall’innovazione tecnologica – ottimizzazione e riduzione di peso e spessori, completa riciclabilità e un crescente impiego di materiale riciclato – è stato possibile rendere il packaging in alluminio sempre più affine e coerente con i principi della Prevenzione e quindi con le politiche e i modelli di sviluppo socio-economico della Green Economy. Basti pensare che, sulla base di uno studio effettuato sul Trend evolutivo del Packaging in alluminio negli ultimi vent’anni, per la produzione di imballaggi sono state risparmiate in totale 107mila tonnellate di alluminio, che si traduce in mancate emissioni serra pari a 936.000 tonnellate di CO2 equivalenti”.

Numeri che fanno ben sperare, sia in termini di sostenibilità ambientale sia dal punto vista economico, dal momento che nell’ultimo periodo il Bloomberg Commodity Spot Index (un indice che misura i prezzi di 23 materie prime) ha toccato i suoi massimi dal 2011 con una crescita del 70% da marzo 2020, facendo registrare un aumento dei prezzi – soprattutto di alluminio, rame, piombo, zinco e cotone – dovuto a un incremento della domanda con la ripresa della produzione industriale.

di Antonietta Vitagliano

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