Sulla collina di Monte Mario ecco il nuovo allestimento museale dedicato all’osservazione degli astri. E nel frattempo il telescopio del Vaticano cerca “altri mondi” nei cieli.
Sotto il cielo di Roma
Nella sede centrale dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, a Roma, sulla splendida collina di Monte Mario, è stato inaugurato il nuovo allestimento del Museo Astronomico Copernicano. Al suo interno c’è un lungo excursus scientifico-astronomico, dalla prima edizione del De revolutionibus orbium coelestium del 1543, ai più innovativi telescopi al mondo come Square Kilometre Array (Ska), grande come la Terra. E poi ancora: gli spettacolari disegni delle macchie solari di Angelo Secchi, i raffinati primi telescopi realizzati da Campani (considerato a lungo il miglior produttore del settore), fino agli strumenti per la misura del tempo e la rappresentazione della volta celeste, fino al super telescopio E-Elt in Cile. “Come ai tempi di Copernico siamo ora sull’orlo di una nuova rivoluzione nel campo dell’astrofisica”, ha spiegato Marco Tavani, presidente dell’Inaf. La riapertura avviene a 550 anni dalla nascita di Copernico, prussiano-polacco di origine ma profondamente legato all’Italia per la sua formazione, che toccò alcuni degli atenei più prestigiosi della Penisola, da Bologna a Padova, e non mancò naturalmente di conoscere bene Roma. Il museo si trova all’interno di Villa Mellini, in cima alla collina che domina la Capitale e su cui venne fondato nel 1838 l’Osservatorio cittadino.
E la Specola Vaticana cerca mondi lontani
Non si trovano invece a Roma, bensì in Arizona e alle Canarie, gli strumenti con cui lavora ormai da tempo l’osservatorio astronomico e centro di ricerca scientifica del Vaticano, la Specola Vaticana, che ha la sua sede ufficiale a Castel Gandolfo. Insieme ai colleghi tedeschi dell’Istituto Leibniz per l’Astrofisica di Potsdam, gli astronomi papali avrebbero passato in rassegna oltre mille stelle, alla ricerca di esopianeti. A supportarli anche il “cacciatore” di esopianeti Tess, della Nasa. Sotto osservazione per cinque anni una porzione di cielo grande 4.000 volte la Luna piena. I risultati sono stati divulgati dalla rivista Astronomy & Astrophysics. Peculiare della ricerca l’elevato numero di parametri spettroscopici (54) raccolti per la luce di ciascuna stella: essi potrebbero aiutare a comprendere i collegamenti tra le proprietà spettrali delle stelle e i loro eventuali pianeti, perché si formano insieme. Inoltre, le diverse quantità di elementi chimici all’interno di una stella potrebbero suggerire la presenza di pianeti terrestri (mondi rocciosi come la Terra o Marte) e fornire indizi sulla loro età.
di Daniela Faggion