Ospiti dell’evento organizzato dall’Università di Bologna anche due premi Nobel
Settembre è il mese delle dimensioni nanometriche in Italia. Oltre all’evento di Ischia dedicato ai 30 anni del laser a cascata quantica, nella località romagnola di Bertinoro si è svolta una kermesse dedicata alla ricerca su macchine e motori di dimensioni nanometriche.
Organizzato dall’Università di Bologna, l’appuntamento internazionale Mach-5 – Molecular Machinery: Making, Measuring, Modeling è stato ospitato nel centro residenziale universitario della località in provincia di Forlì-Cesena ed è stato aperto da due premi Nobel per la Chimica: Jean-Marie Lehn, insignito nel 1987, e Jean-Pierre Sauvage, che ha condiviso il Nobel 2016 con Fraser Stoddart e Ben Feringa.
Proprio i 3 vincitori del 2016, due anni dopo sono stati protagonisti di un grande evento sulle macchine molecolari nell’Aula Magna dell’Università di Bologna e a loro è intitolato il Premio SSF (Sauvage-Stoddart-Feringa Prize attribuito ai progetti partecipanti. Un premio doppio: in versione Senior per gli studiosi affermati e Junior per giovani ricercatori.
Il SSF Senior Prize 2024 è andato a Nathalie Katsonis, professoressa di Chimica all’University of Groningen (Paesi Bassi), dove guida un gruppo di ricerca su Sistemi e Materiali Molecolari Attivi. Il SSF Junior Prize 2024 è invece andato a Yunyan Qiu, professore alla National University of Singapore, dove coordina il Laboratorio di Materiali Dinamici.
Mach-5 ha dato spazio ai maggiori esperti nel campo della Molecular Machinery. Kermesse biennale e itinerante, quella che si è tenuta in Romagna è stata la seconda edizione ed è stata promossa dal professor Alberto Credi, docente di Chimica e prorettore per la Ricerca dell’Università di Bologna, e dal professore tedesco Rainer Herges, attivo all’Università di Kiel.
Non immaginate però un incontro di vecchie glorie della scienza. Per volontà degli organizzatori, infatti, al centro del programma delle conferenze Mach-5 ci sono stati i giovani ricercatori: “I loro contributi”, ha detto il professor Credi, “sono l’avanguardia di questo settore di studio e definiscono l’orizzonte verso il quale ci stiamo muovendo. È ormai evidente infatti che dispositivi e macchine molecolari potrebbero offrire soluzioni radicalmente innovative a problemi significativi in molte aree della tecnologia e della medicina”.