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27 Giugno 2014 | Economia

Il balzello italiano sugli smartphone fa cassa in Europa

L’adeguamento dell’equo compenso sulle tecnologie che permettono la copia privata di film, canzoni o altri documenti protetti da copyright, ha suscitato polemiche da parte dei marchi produttori e dei consumatori, a dispetto della soddisfazione di Governo e Siae. Il Decreto, non ancora pubblicato dalla Gazzetta ufficiale, ritoccherà al rialzo la tassa che ciascun dispositivo dovrà devolvere alla Siae.  Le cifre diffuse dal ministero per i Beni culturali sinora sono parziali e non coprono tutto lo spettro dei prodotti hi-tech: si sa però che per gli smartphone, il contributo passerà da 0,90 centesimi a 4 euro . Considerato il tasso di crescita del mercato italiano nel 2014 , il ritocco dovrebbe fruttare  157 milioni di euro per la Società autori ed editori, con una aumento del 150% rispetto a quanto raccolto nel 2013. L’impatto sarà importante non solo all’interno dei nostri confini: l’Italia potrebbe contribuire per il 25% agli introiti di genere previsti nell’Unione europea per l’anno in corso. Diversi Paesi hanno tasse sul consumo di prodotti elettronici per finanziare l’industria culturale, ma pochi raccoglieranno quanto il Belpaese dall’iniziativa. A questi squilibri si attaccano i critici della riforma (per altro prevista dalla legge). Secondo Confindustria Digitale, gli aumenti all’equo compenso sono “del tutto ingiustificati” , anche perché è i consumatori italiani prediligono ormai lo streaming e dunque pagano già quanto dovuto alla Siae tramite i singoli abbonamenti ai servizi. La copia privata è sempre meno diffusa (seocndo Quorum solo il 13% perpetua l’abitudine).  Gli utenti, tramite Altroconsumo, presenteranno un ricorso al Tar (hanno già raccolto 60mila firme) sostenendo che “seguendo i trend tecnologici l’aggiornamento doveva essere al ribasso, con la riduzione delle tariffe”. Soddisfatta invice Siae , secondo cui  “i l consumatore non paga proprio nulla. È il produttore che paga la licenza per fare copie private sui dispositivi digitali in vendita” . Difficile però credere che i prezzi di vendita di telefonini e tablet non verranno alzati i a causa della tassa. Secondo Confindustria Cultura, comunque, “il compenso non va a rimpinguare il bilancio Siae. La società ha il mandato per legge di incassare il compenso, ma l’intera somma viene poi ripartita ad autori, editori, artisti e imprese del settore” . Se è vero che  in Europa 15 Paesi applicano un sistema analogo a quello italiano , è vero anche che in alcuni casi (Regno Unito, Spagna, Irlanda) non è previsto alcun balzello sulle tecnologie digitali, mentre in altri (Grecia, Polonia, Repubblica Ceca) le imposizoni si calcolano in base al prezzo del dispositivo. In Francia, poi, il Consiglio di Stato ha dato ragione ai produttori , schierati contro l’equo compenso, mentre in Germania la situazione è in stallo: le nuove tariffe prevedono aumenti fino a 36 euro, ma le aziende hanno fatto ricorso bloccando l’iter e sospendendo il pagamento dei compensi. La partita, con ogni probabilità, si giochera in tribunale.

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