“Le donne dovrebbero… essere schiave”, “Le donne non dovrebbero… votare”, “Le donne non possono… guidare”. Un Women , agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei diritti delle donne, ha usato la funzione di completamento automatico di Google per realizzare una singolare campagn a: dimostrare quanto la diseguaglianza tra i sessi sia molto diffusa in tutto il mondo, anche in quello digitale. L’ autocomplete suggerisce alternative per il completamento delle formule che immettiamo quando cerchiamo qualcosa ed è basato sulla valutazione e la sintesi delle ricerche effettuate più di frequente. La campagna visiva mostra il volto di quattro donne, di diverse etnie, con la bocca coperta dalla stringa di ricerca Google che suggerisce le parole chiave più ricercate nelle diverse parti del mondo. L’iniziativa, sottolineano i promotori, non è una critica al celebre motore di ricerca , che in questo caso è utilizzato solo come strumento tecnologico per dimostrare quanto il sessimo sia ancora molto diffuso. Sulle previsioni di ricerca infatti, l’azienda di Mountain View non ha colpe: il completamento automatico, si legge sulle pagine di supporto online di Google, rispecchia ” l’attività di ricerca di tutti gli utenti del web e i contenuti delle pagine web indicizzate da Google”.
Il sessismo corre su Google

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