La commissione Giustizia del Senato ha approvato oggi l’emendamento del governo al disegno di legge sulle intercettazioni che prevede pene più severe per i giornalisti e ha confermato le forti sanzioni pecuniarie per gli editori. Chi all’interno degli uffici giudiziari rivela il contenuto degli atti coperti dal segreto istruttorio, anche intercettazioni, viene punito fino a sei anni di reclusione e il giornalista che pubblica gli atti rischia di rispondere in correo dello stesso reato. Quanto alla pubblicazione degli altri atti giudiziari, ma sui quali il ddl prevede il blackout informativo, questa rimane un reato di natura contravvenzionale, cioè meno grave dei delitti, ed è punito con l’ arresto fino a 2 mesi oppure con l’ammenda da 2.000 a 10.000 euro. Se la pubblicazione riguarda il contenuto di intercettazioni non coperte dal segreto d’inchiesta ma non più divulgabili la pena è l’ arresto fino a 2 mesi e l’ammenda da 4.000 a 20.000 euro . La condanna comporta anche la sospensione temporanea dall’esercizio della professione. Più grave il caso in cui si pubblichino intercettazioni destinate al macero o giudicate non rilevanti per l’inchiesta: qui scatta la reclusione da sei mesi a tre anni. La deterrenza si estende agli editori che rischiano di pagare per il fatto del loro giornalista fino a 460.000 euro di sanzione pecuniaria. Concluso l’esame della commissione, il provvedimento passerà poi all’aula del Senato per l’ approvazione finale, che dovrebbe avvenire ai primi di giugno , ma i tempi saranno definiti dalla conferenza dei capigruppo della prossima settimana. Chiusa la partita a Palazzo Madama, il ddl tornerà comunque alla Camera per l’ok definitivo.
Intercettazioni, pene severe per editori e giornalisti

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