Il mondo dell’editoria langue in una stagnazione che sembra senza fine , tra problemi occupazionali, il precariato divenuto ormai dominate, e un calo delle vendite e degli investimenti pubblicitari. Il Governo prova ad affrontare la crisi con alcune proposte di discussione lanciate da Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega per il settore. Bonaiuti ha parlato alla Commissione Cultura della Camera e si è detto pronto ad avviare un confronto in tempi brevi. L’idea dell’esecutivo è quella di riformare l’editoria, toccando ciascuno dei punti cardine del sistema italiano. A partire dalla distribuzione, con la possibile introduzione del codice a barre per verificare tiratura e vendite reali: “Ci potrebbe costare sui 15-20 milioni, fondi che mancano al momento attuale, ma ci permetterebbe una chiarezza e un’obiettività sconosciute finora” , ha detto Bonaiuti, richiamando anche “ un intervento normativo che tuteli il diritto d’autore, anche se sappiamo che nell’era multimediale é difficilissimo, e mi chiedo se sia utile, porre un freno alla rete, che è essa stessa espressione di di libertà” . Tra le svolte proposte dal sottosegretario c’è anche la “riforma dei criteri in base ai quali vengono stipulate le convenzioni con le agenzie di stampa. I parametri devono essere riferiti all’occupazione: chi occupa più giornalisti con contratto regolare ha diritto a una somma maggiore, chi ricorre al lavoro nero non ha alcun diritto”. Occupazione, rapporto con il web, fondi pubblici. Tutti temi spinosi, che meritano di essere trattati nel dettaglio evitando semplificazioni. Dalle sovvenzioni pubbliche dipende oggi la sopravvivenza dell’editoria cartacea , ma potrebbe essere sensato pensare a contributi anche per le realtà internet, in rapida espansione e sempre più centrali nel sistema informativo italiano. Sistema che deve però liberarsi della stretta relazione (e spesso correlazione) con il mondo politico, per diventare vera industria editoriale. E mentre Bonaiuti auspica la definizione di “ nuovi criteri per un accesso più facile alla pubblicità istituzionale” , viene da pensare all’emorragia di annunci dalle testate e alle grandi concessionarie nazionali, tra cui spicca Publitalia, legata a doppio filo al premier Silvio Berlusconi. Ed è difficile, ancora una volta, eludere il fantasma del conflitto d’interessi che opprime i media nazionali.
La crisi dell’editoria al vaglio del Governo

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