Leone d’oro, vince il Faust di Sokurov

Leone d’Oro al Faust di Alexander Sokurov : l’opera del regista russo ha conquistato il premio massimo della 68ma Mostra. Unanime il verdetto dei giurati: “ Siamo sette persone che vengono da ogni parte del mondo, ma siamo arrivati tutti alla stessa conclusione – ha dichiarato il presidente Darren Aronofsky -. Ci sono film che fanno piangere e ridere, che commuovono e cambiano per sempre la nostra vita. Faust è uno di questi ”   Liberamente tratto dal capolavoro di Goethe, il film, distribuito dalla Archibald, ha colpito pubblico e critica per la profondità dei temi, l’intensità dei protagonisti. Spaesato, travolto dagli applausi, la statuetta dorata stretta tra le mani, Sokurov ha ringraziato commosso, ma con il pensiero alla tragedia dell’aereo caduto l’ altro ieri in Russia: “ Cari amici, la mia gioia è enorme anche se oggi è giorno di lutto per il mio Paese. Stasera però io sono felice. Felice di vivere nel cinema e in Europa dove ci amiamo perché ci possiamo capire. Faust è un film internazionale, sul set c’erano persone da 38 Paesi diversi. Grazie a tutti quelli che hanno partecipato all’impresa e a chi andrà a vedere il nostro film. Grazie a Marco Müller. Che, nonostante parli cinese, è il più europeo degli europei ”   Leone d’Argento per People Mountain del regista cantonese Shangjun Cai . Grande riconoscimento per il cinema italiano, con il premio Speciale della giuria a Emanuele Crialese per Terraferma , prodotto da Raicinema. Un appassionato apologo sui migranti che dall’Africa tentano di arrivare da noi. Il regista ha ricordato “ gli abitanti di Linosa e Lampedusa, che mi hanno insegnato a guardare oltre l’orizzonte. Grazie ai pescatori e agli uomini di mare ”   Grandi consensi per Michael Fassbender, miglior interprete maschile per Shame . Performance difficile, scabrosa, dove lui impersona un erotomane patologico. Sconosciuta da noi ma popolarissima in Cina, Deanie Yip, è la miglior attrice per A Simple Life , dove interpreta con grande misura un’anziana domestica capace di coltivare antichi e nuovi affetti persino tra le tristi pareti di un ospizio.