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23 Novembre 2022 | Attualità

Infanzia in Italia e aspettativa di vita minore per i nati al Sud, la fotografia scattata da Save the Children

Sulla salute dei bambini incidono disparità e povertà. È la fotografia scattata dalla XIII edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia, dal titolo “Come stai?”, diffuso da Save the Children in occasione della Giornata Internazionale per i diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza (20 novembre). L’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro ha studiato la situazione in Italia mostrando che più pediatri, più posti letto in reparti pediatrici, più consultori, più spazi verdi, più mense scolastiche sono solo alcune possibili misure necessarie per migliorare l’infanzia e l’adolescenza in Italia.

Diseguaglianze sociali, economiche, educative, di genere si insinuano nel DNA dei bambini e ne condizionano vita, salute, sviluppo, crescita e futuro. È la lotteria della nascita: i bambini non scelgono di nascere e non possono decidere dove e come crescere. Con questa chiave di lettura quest’anno l’Atlante analizza i molteplici aspetti legati alla salute dell’infanzia nel nostro Paese. La salute è influenzata dalle condizioni socioeconomiche della popolazione: i fattori che ne determinano lo stato non sono solo fattori medici, ma sono fortemente legati alle condizioni nelle quali le persone sono nate, vivono, lavorano, crescono e invecchiano. Vediamoli insieme.

Le differenze territoriali

In Italia quasi un milione e quattrocentomila bambini vivono in povertà assoluta – il 14,2% di tutti i minori, che sale però fino al 16% nel Mezzogiorno; e i divari economici pesano direttamente sull’aspettativa di vita. Se nel 2021 si afferma a 82,4 anni, ci sono 3,7 anni di differenza tra quella di chi nasce a Caltanissetta (80,2) e di chi nasce a Firenze (83,9). A oggi la speranza di vita in buona salute è in media di 61 anni, ma andando a capire cosa significa la lotteria della nascita, si scoprono bambini più “fortunati” che in provincia di Bolzano vedranno questa soglia alzarsi a 66,6 anni, e quelli che nascono in Calabria, per i quali questo traguardo si ferma a 55 anni. Oltre 11 anni di buona salute in media, a fare la differenza. Tra le bambine la forbice è ancora più ampia, 15 anni in meno in Calabria rispetto al Trentino. L’ingiustizia sociale determina, dunque, il futuro delle bambine e dei bambini.

La speranza di vita in buona salute alla nascita pre pandemia

Il tasso di mortalità infantile (entro il primo anno di vita) pre-pandemia era di 1,45 decessi ogni 1000 nati vivi in Toscana, ma era più che doppio in Sicilia (3,34) e triplo in Calabria (4,42), con ben il 38% dei casi di decesso relativi a bambini con mamme di origine straniera. Un bambino del Mezzogiorno che si ammalava nel 2019 aveva una probabilità di dover migrare in altre regioni per curarsi del 70% in più rispetto a un bambino del Centro o del Nord Italia. Non è solo il sistema sanitario a influenzare la salute dei bambini. Ma su di essa gravano tutti i determinanti sociali legati al contesto territoriale in cui si cresce, alle condizioni economiche, al livello di istruzione, all’ambiente, alle reti sociali e dei servizi.

Lo sviluppo infantile

Il periodo dello sviluppo infantile, dalla nascita al compimento dei due anni, è cruciale per porre le basi dello stato di salute della persona lungo tutto il percorso di vita. Nei primi mille giorni di vita il cervello mostra elevatissima plasticità, offre una finestra di opportunità, o di rischio, a seconda delle condizioni più o meno positive in cui ognuno è destinato a nascere e crescere.

Per tale motivo le disuguaglianze socio-economiche e culturali delle famiglie influiscono in modo sostanziale sulla salute delle bambine e dei bambini, soprattutto nei primi anni di vita. Si pensi ad esempio all’importanza di eseguire lo screening prenatale e perinatale, vivere in zone inquinate o in case adeguatamente riscaldate e illuminate, o ancora avere stimoli culturali adeguati come la lettura e il linguaggio precoce.

Post-pandemia il divario si è acuito

Il Servizio sanitario nazionale italiano gode di elevate professionalità, qualità delle cure e una forte inclusività, tali da collocare oggi l’Italia tra i Paesi più avanzati al mondo in termini di tutela della salute dell’infanzia. Ma la pandemia ha acuito i divari territoriali e fatto esplodere problemi accumulati negli anni. Nel biennio 2020-21 le vaccinazioni nei primi mesi di vita hanno subito una significativa riduzione, e si è verificata, tra le altre cose, una contrazione drastica delle diagnosi di tumore pediatrico che si sono ridotte del 33% nel 2020.

La spesa sanitaria in Italia

Escludendo la parentesi pandemica che ha visto ingenti finanziamenti nella spesa sanitaria pubblica, nel decennio pre-Covid l’Italia ha dedicato sempre meno risorse pubbliche all’assistenza sanitaria per la quale nel 2019 ha investito il 6,4% del Pil, molto meno del 9,8% in Germania e del 9,3% in Francia. Mentre è cresciuta la spesa sanitaria a carico delle famiglie, pari al 2,3% del Pil, a fronte dell’1,9 e 1,8% rispettivamente in Francia e Germania.

Solo il 12% dei fondi pubblici per la salute è impiegato nella prevenzione e nella medicina di base, che sono invece fondamentali per la salute dei bambini nel medio e lungo periodo. La quota principale, il 44%, è impiegata per l’assistenza ospedaliera, ma solo il 6% di queste risorse sono destinate ai minorenni, nonostante rappresentino il 15,6% dell’intera popolazione, e nel 2020 i posti letto in degenza ordinaria nei reparti pediatrici erano solo il 4,1% del totale.

Più pediatri e più consultori familiari per un migliore stato di salute

Nel 2021 il crollo demografico ha registrato meno 400 mila nati. Eppure scarseggiano sui territori ben 1.400 pediatri di base e la media di bambini under14 assistiti per pediatra è pari a 883, sebbene vi sia un limite stabilito per legge di massimo 800 assistiti per pediatra, mentre lo screening neonatale esclude ancora, in molte regioni, alcune malattie anche gravissime, che potrebbero essere diagnosticate precocemente.  Anche i consultori familiari, il cui numero si era andato assottigliando già prima del Covid-19, tra il 2014 e il 2020 hanno registrato una riduzione di oltre il 6% del numero di centri attivi e nel biennio 2018-19 la media di utenti per singola struttura era di 32.325 persone, ben al di sopra dei 20.000 stabiliti dalla legge (34/1996), e con un’ampia disparità territoriale (Lazio, Veneto e Campania hanno in media bacini di utenza di oltre 40 mila persone per ciascun consultorio).

Meglio a contatto con la natura e sana alimentazione

Evitare di esporre i propri bambini all’inquinamento atmosferico e praticare la “terapia del verde” a contatto frequente con la natura riduce lo stress e rende i bambini e le bambine generalmente più sani. Importantissimo, quindi, per le strutture dedicate all’infanzia, come le scuole e gli asili nido, godere di spazi verdi, che in Italia purtroppo spesso scarseggiano e a risentirne sono anche dieta e attività fisica. Un bambino o ragazzo su quattro non pratica mai sport (3-17 anni), con una ampia forbice che va dal 45,5% della Campania al 6,9% della Provincia Autonoma di Bolzano. Con la pandemia, i bambini tra i 3 e 10 anni in sovrappeso o obesi sono passati dal 32,6% (biennio 2018-19) al 34,5% (2020-21). La povertà alimentare, invece, colpisce 1 bambino su 20, mentre l’accesso alla mensa scolastica, che per alcuni sarebbe l’unica chance quotidiana di un pasto equilibrato e proteico, si limita a 1 bambino su 2 nella scuola primaria.

Gli adolescenti

La buona alimentazione fa difetto anche per il 32% degli adolescenti tra gli 11 e i 17 anni, che non mangia mai frutta e verdura. Le conseguenze per la salute, oltre al sovrappeso, possono essere molteplici, dalle deformazioni ossee a problemi cardiovascolari, di respirazione o pressione alta.

Per giungere poi ai disturbi della condotta alimentare, tra le principali cause per gli adolescenti di disagio mentale (peggiorate soprattutto con la pandemia). I ricoveri per patologia neuropsichiatrica infantile sono cresciuti del 39,5% tra il 2019 e il 2021. Le cause principali sono rappresentate da psicosi, ideazione suicidaria, depressione e disturbi alimentari. In tutto il Paese si contano solo 394 posti letto in degenza in reparti di salute mentale pediatrici e addirittura ci sono regioni che non ne hanno neanche uno, come Calabria, Molise, Umbria e Valle d’Aosta, mentre in Lombardia ce ne sono 100. A farsi sentire è anche l’assenza o la carenza di strutture semiresidenziali, centri diurni, strutture per gli interventi intensivi a domicilio, tutta la rete coordinata di cura che dovrebbe evitare il ricovero. Secondo i dati raccolti già prima della pandemia 200 bambini e ragazzi su 1000 mostravano un disturbo neuropsichiatrico (1.890.000 minori), ma meno di un terzo aveva accesso a un servizio territoriale di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza e nella metà dei casi non riusciva ad avere risposte terapeutico-riabilitative appropriate nel proprio territorio.

Insomma urge intervenire adeguatamente per migliorare l’infanzia italiana e liberarla dalla schiavitù della lotteria della nascita. La vita, come la morte, non è un gioco!

di Luisa D’Elia

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