Qualcuno già lo chiama il Sex and the City cinese , altri lo criticano a spron battuto per la morale ambigua dei personaggi protagonisti: fatto sta che Piccoli tempi è uno dei film culto dei giovani asiatici e ha sbancato ripetutamente il botteghino, diventando un fenomeno di massa. Il primo episodio della saga è uscito a giugno, strappando biglietti per 43 milioni di dollari in due settimane. Il seguito, uscito a fine agosto, in pochi giorni di programmazione ha incassato 47 milioni. Prima del cinema, Piccoli tempi è stata una serie di romanzi che ha fruttato all’autore – il trentenne Guo Jingming – soldi e successo, oltre alla possibilità di dirigere dei film tratti dalle sue opere letterarie. La storia racconta gli amori, le aspirazioni e l’ossessione per la moda e il lusso di quattro studentesse di un college di Shangai : il tono è scanzonato e al tempo stesso rampante, intriso di riferimenti culturali dei giovani della Cina neo-ricca che odiano l’idea di viaggiare in economy class e detestano l’istituzionale Pechino. E’ proprio l’umore narcisista e materialista dei protagonisti ad aver attirato le critiche dei giornali, allarmati per il futuro di 450 milioni di under25, stregati (tutti o quasi) dalla saga: “ Ormai in Cina tutto è misurato con il denaro, trent’anni fa avevamo l’ideologia, oggi i ragazzi crescono con il materialismo e il consumismo” , ha sentenziato il Quotidiano del Popolo . Intanto, a Shangai si gira Piccoli tempi 3.
Piccoli tempi, Sex and the City in salsa cinese

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