Spariscono i soldi destinati al web veloce e alle nuove reti. Il tesoretto accumulato dal ministero per lo Sviluppo è stato requisito da Giulio Tremonti per risanare il bilancio. L’innovazione tecnologica in Italia va a passo di gambero. Non bastasse la crisi, il governo litiga per i pochi soldi rimasti a disposizione e così gli 1,6 miliardi di fondi in teoria destinati al ministero dello Sviluppo sono stati requisiti, nelle ultime ore, da quello dell’Economia. L’extragettito derivato dal successo dell’asta per le frequenze analogiche e digitali passa dalla mani di Paolo Romani a quelle di Giulio Tremonti. Addio nuovi investimenti su banda larga e reti wifi, benvenuti interventi di risanamento del disastrato bilancio nazionale. Degli 1,6 miliardi di euro in cassa, una metà sarà utilizzata per il riacquisto di titoli del debito pubblico, l’altra andrà al fondo per le esigenze indifferibili. Iniziative lodevoli che tirano però una coperta sempre troppo corta e abbando nano ogni progettualità di sviluppo a medio termine. Il piano di cablatura in fibra ottica della Penisola procede a rilento: oggi solo sei città sono completamente dotate del web super veloce e la scadenza del 2013, quando le trenta città principali avrebbero dovuto navigare tutte ad alta velocità, difficilmente sarà rispettata. Anche il wifi pubblico potrebbe cadere nel dimenticatoio senza nuovi investimenti, e gli utenti dovranno sperare nelle iniziative (a costo variabile) dei privati. Il portafoglio delle tlc piange, ma non è solo una questione di reti: il web muove ormai una parte importante dell’economia. E senza infrastruttura il mercato si arena.
Scippo alle tlc

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