È stato individuato in Italia da tre scienziati della Cattolica tra Piacenza e Cremona. Non era mai stato individuato in nessun luogo al mondo
Immaginate un insetto che adora vivere tra libri, antichi documenti e quadri, non per mangiarseli ma perché sono il suo habitat ideale. È stato subito ribattezzato “l’insetto secchione” lo Sferopsocide scoperto, studiandolo al microscopio, dall’entomologo Rinaldo Nicoli Aldini dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – Campus di Piacenza e Cremona, insieme alle colleghe Maria Cristina Bertonazzi, che ha raccolto con trappole tutti gli esemplari della nuova specie, e Maria Cristina Reguzzi, che ha curato vari aspetti organizzativi della ricerca. Proprio dal nome di battesimo delle due studiose è stato creato da Nicoli il nome specifico latinizzato dell’insetto, che adesso è per tutti ‘Sphaeropsocopsis utriusquemariaechristinae’: lo “Sferopsocide delle due Marie Cristine”.
Il soprannome di “secchione” deriva dal fatto che l’esserino, lungo meno di un millimetro, è stato identificato la prima volta presso la biblioteca monumentale del Collegio Alberoni di Piacenza, e a Cremona nella Biblioteca del seminario vescovile, nell’Archivio diocesano e al Museo civico “Ala Ponzone”. Niente paura, però, i libri e i quadri non sono in pericolo: lo ‘S. utriusquemariaechristinae’, infatti, si nutre di spore fungine (quindi di microscopiche muffe) e di frammenti di piccoli ragni e altri artropodi morti. A Telepress il professor Nicoli Aldini ha raccontato com’è avvenuta la scoperta.
“Abbiamo trovato noi l’insetto ed è stata una sorpresa del tutto inaspettata. Nel 2019 le due Marie Cristine ed io (responsabile scientifico) avviammo un progetto di ricerca pluriennale, concordato con la nostra Università e i vertici delle Istituzioni suddette, per il monitoraggio di insetti potenzialmente dannosi ai beni culturali conservati nei locali di cui sopra, beni notoriamente minacciati da insetti che possono tranquillamente trovarsi anche nelle nostre case: come i ‘pesciolini d’argento’ che si nutrono di carta, rilegature, tessuti; le tarme della lana, che possono danneggiare arazzi e tappeti e, nelle nostre case, capi d’abbigliamento in lana e pellicce, nutrendosene; e i tarli del legno, che notoriamente scavano gallerie nel legno secco, in opera e lavorato, non solo di mobilio ma anche di cornici e oggetti d’arte, o scavano purtroppo anche in libri per nutrirsi di carta; una specie talora presente anche nelle dispense di cucina, il ‘tarlo del pane’ (secco), può traforare con il ‘ricamo’ di irregolari gallerie soprattutto lo spessore dell’insieme di pagine dei libri antichi chiusi, con eventuale enorme danno all’esterno inapparente; peggio ancora fanno le tèrmiti, per fortuna assenti negli ambienti da noi studiati, diffuse soprattutto in Italia centro-meridionale.
Il monitoraggio è stato svolto con apposite piccole trappole adesive, collocate con regolare periodicità nei locali e poi sostituite e prelevate per essere accuratamente esaminate una per una al microscopio. Di questa metodica e impegnativa attività si è fatta carico fino a fine 2023 (ma il monitoraggio continua tuttora) Bertonazzi, con frequenti spostamenti tra Piacenza e Cremona. Invece Reguzzi ha curato aspetti organizzativi generali come la fornitura di trappole da parte di ditte specializzate, ecc.”
È una scoperta assoluta o solo per l’Italia? “La nuova specie è una scoperta assoluta, non solo per l’Italia. Il genere a cui per affinità è stata ascritta, ‘Sphaeropsocopsis’, invece era già noto: è presente soprattutto in Sud America“.
Quante nuove specie vengono scoperte ogni anno in Italia? e nel mondo? “Grazie per questa domanda che mi permette di circoscrivere senza enfasi il valore del nuovo ritrovamento. Attualmente in Italia ogni anno vengono scoperte, ‘battezzate’ e descritte da entomologi in riviste specializzate non meno di un centinaio di specie italiane di insetti nuove per la scienza. Gli insetti sono il più ampio gruppo sistematico di animali viventi, in Italia ne sono note alcune decine di migliaia di specie, nel mondo centinaia di migliaia; anche di altri gruppi più modesti di invertebrati vengono scoperte annualmente nuove specie; più raramente di vertebrati, e questi soprattutto in altri Paesi poco esplorati dove ogni tanto si trovano però anche nuovi piccoli mammiferi, uccelli, rettili, anfibi, e nelle acque pesci.
Senza dimenticare che l’affinamento degli strumenti a disposizione per lo studio dei viventi, e particolarmente i progressi della genetica molecolare, possono favorire oggi la discriminazione di nuove specie che prima non erano considerate tali, ma semplicemente conspecifiche con altre già note. A questo punto forse è opportuno ricordare a una parte del pubblico che, sul piano biologico, per specie si intende un insieme di individui tra loro interfecondi o comunque in grado di dare origine a una discendenza pure feconda nel tempo; ma isolati riproduttivamente da altre specie, vicine o lontane, simili o profondamente differenti che siano. Occorre anche tenere presente che l’Italia in Europa per le sue caratteristiche fisiche e geografiche è forse l’area con la maggiore biodiversità: le si avvicinano in ricchezza di flora e fauna la Penisola Iberica e la Regione balcanica. Quindi è ancora una potenziale fonte di tante novità per studiosi e appassionati.
Se un Paese ben studiato da secoli, come l’Italia, permette ancora di scoprire tante specie inedite presenti in natura, si può immaginare facilmente quanto ancora riservino ampie regioni del pianeta molto meno studiate, come l’America meridionale, l’Africa, l’Asia soprattutto tropicale, l’Oceania. Ogni anno sono migliaia le nuove descrizioni, soprattutto di insetti ma anche di altri animali, che riempiono a livello mondiale i moltissimi periodici scientifici specializzati, di zoologia e soprattutto entomologia. Gli insetti sono diffusissimi sulle terre emerse ma non hanno popolato mari e oceani, rimpiazzati da altri Artropodi come i Crostacei, e da tante altre forme animali. Gli abissi marini, che ovviamente creano difficoltà molto maggiori ancor oggi all’esplorazione scientifica, sono di sicuro una ‘miniera’ enorme di biodiversità (pesci compresi) che attende ancora di essere portata alla luce.
Qui si profila all’orizzonte un altro tema o meglio problema, quello della salvaguardia del pianeta Terra – la nostra casa comune che è anche “bella d’erbe famiglia e d’animali”, per dirla col poeta – dalle tante minacce a cui è esposto anche a causa di certe attività umane e dalle tante ferite anche irreparabili che già ha subìto ad opera dell’uomo, basti citare la progressiva deforestazione in certi Continenti“.
Qual è l’aspetto più interessante del ritrovamento dello Sferopsocide delle due Marie Cristine? “L’interesse maggiore deriva non tanto dall’avere trovato una ulteriore specie di insetto che non si conosceva, ma piuttosto di averla individuata non in ambienti naturali aperti, ricchi di vegetazione e di biodiversità, e nemmeno in ambienti sotterranei come le grotte, frequentati da pochi coraggiosi biospeleologi che trovano con regolarità nuove piccole specie tra le pochissime che vivono nel sottosuolo. Nel nostro caso invece l’ambiente è una porzione di quello edificato e chiuso creato da noi, che credevamo abbastanza ben conosciuto e che invece ha rivelato una novità che ci vive stabilmente (non è l’unica specie a viverci).
Anche per quanto detto sopra, si apre ora la questione dell’origine del nuovo Sferopsocide, se sia cioè indigeno italiano o se sia arrivato accidentalmente da Paesi lontani – forse già da secoli -, e si sia poi agevolmente acclimatato. L’origine sarebbe da cercare se mai più probabilmente in Sudamerica, da dove potrebbe essere arrivato fino a noi casualmente con merci varie come casse in legno, libri, oggetti etnici o altro, magari portati da missionari, visto che i ritrovamenti hanno riguardato soprattutto edifici ecclesiastici. L’originario ambiente naturale di vita potrebbe essere quello degli angusti spazi tra corteccia e legno di tronchi e rami d’albero in deperimento o abbattuti, spazi in cui vivono altri piccoli artropodi, si depositano loro carcasse e detriti organici vari, si sviluppano muffe“.
Quanto la scoperta di una nuova specie in un Paese modifica il quadro complessivo di una scienza come la sua? “Mi sento di dire che in generale dal punto di vista della sistematica o della faunistica una scoperta come questa nostra lo modifica ben poco. Talora però la meritata rilevanza effettiva è, al contrario, notevole o notevolissima: sto pensando ad esempio al caso eccezionale del nuovo Ordine dei Mantofasmidi (Mantophasmatodea), scoperto in Africa e descritto nel 2001-2002, quando in precedenza l’ultimo Ordine di insetti scoperto risaliva al 1914. Altre scoperte di rilievo possono però riguardare anche la biologia, l’ecologia, l’etologia, o le applicazioni utili all’uomo di insetti per il resto già noti, sconfinando talvolta oltre il campo dell’entomologia.
Da tempo ormai si stanno verificando e accentuando, a causa di fenomeni di globalizzazione da un lato e di cambiamenti climatici dall’altro, spostamenti di insetti ‘invasivi’ in nuovi territori dove prima non c’erano, con impatti non lievi sugli equilibri naturali o degli ambienti creati dall’uomo, come quello agrario, o direttamente sull’uomo stesso a causa del rischio sanitario dovuto a specie invasive come certe zanzare esotiche, che pungendoci per succhiare sangue possono trasmetterci malattie infettive anche gravi, in precedenza assenti in Italia. Non sembra proprio, però, per l’ambiente antropico chiuso, il caso del nostro minuscolo Sferopsocide, che poteva tranquillamente rimanere ignorato ancora a lungo senza danno, se non l’avessimo trovato. Nel caso che si tratti di specie di origine esotica (non lo sappiamo ancora), non la possiamo comunque definire (almeno per ora) ‘invasiva’.
Per l’Italia, l’interesse è forse soprattutto quello di avere aggiunto una famiglia, gli Sferopsocidi, prima assente, al catalogo faunistico del Paese, per quanto riguarda l’Ordine Psocodei. Se la specie non interferisce e non fa danno, nulla di male. Dal punto di vista pratico, però, la nostra scoperta, amplificata dai mass-media, ha l’utilità di richiamare l’attenzione dei responsabili sulla problematica degli infestanti e sull’utilità della loro attenta gestione integrata anche negli ambienti che conservano il patrimonio culturale, forse in nessun altro Paese ricco come in Italia, avviando attività di monitoraggio continuativo che hanno i loro oneri economici (tengo a precisare, tra l’altro, che la nostra ricerca non è stata finanziata) e che tuttavia vale sempre la pena affrontare, sia per essere pronti a intervenire in caso di emergenze, sia anche per favorire semplicemente l’arricchimento delle conoscenze di base nel settore”.
Le piace il soprannome di insetto secchione? “Ho individuato la specie come nuova solo nel 2023 e ne ho pubblicato la descrizione alla fine di quell’anno, nel quale ricorreva il Settantesimo di fondazione dell’Università Cattolica in Piacenza, con la Facoltà di Agraria con cui collaboro tuttora. Nella pubblicazione originale, edita due mesi prima del mio pensionamento, lo proposi come “la mascotte del 70°”, portafortuna di una comunità che vive soprattutto di didattica e ricerca, che ‘fa cultura’ – e alla quale devo molto -, e lo qualificai proprio come ‘insetto che ama davvero la cultura’: tra l’altro è presente proprio anche nell’Alberoni, lo storico Collegio che sorge di fronte al Campus della Cattolica di Piacenza. Il soprannome ad effetto di ‘secchione’, all’inizio non mi piacque molto ma in questi giorni mi ci sono gradualmente adattato soprattutto perché non saprei trovare altro soprannome più breve ed efficace (avevo pensato ‘umanista’), e perché in internet lo si trova citato così, quindi parlandone ormai lo uso anch’io“.
di Daniela Faggion