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3 Gennaio 2023 | Attualità

Un radiotelescopio per scoprire l’Universo. L’italia in prima linea nel progetto. 

Dopo oltre trent’anni di ideazione, programmazione e verifica il progetto SKA (Square Kilometre Array) è ufficialmente una realtà e nel mese di dicembre si sono tenute in Australia e Sud-Africa le cerimonie di inizio lavori per la realizzazione del più grande telescopio al mondo, che vedrà la distribuzione di migliaia di antenne su due continenti. 

Sono stati inoltre annunciati 4 contratti che superano il valore di 450 milioni di euro e che riguardano la costruzione delle infrastrutture in Sud-Africa e in Australia e la produzione di migliaia di antenne a media e bassa frequenza. 

Un obiettivo così ambizioso ha trovato il coinvolgimento di molte nazioni e delle loro eccellenze in ambito tecnologico e scientifico. L’italia fin da subito ha avuto un ruolo da protagonista con la partecipazione dell’Istituto Nazionale di Astrofisica che è il principale Ente di Ricerca italiano per lo studio dell’Universo. “Lo SKA sarà il più potente radio-interferometro mai costruito, e opererà attraverso due grandi reti di antenne in Australia (SKA-Low) e Sud Africa (SKA-Mid). Lo SKA sfruttera’ tecnologie del tutto innovative per ricevitori, trasporto ed elaborazione del segnale e calcolo” – ci spiega Isabella Prandoni, chair del Board italiano SKA e referente del progetto SKA per la Sezione Radioastronomia della Direzione Scientifica di INAF –  “La sfida non è solo scientifica. La progettazione e la costruzione di SKA avranno anche un forte impatto economico ed industriale in tutti i paesi partner. L’Italia, tramite l’Istituto Nazionale di Astrofisica, è coinvolta nel progetto fin dalla costituzione della SKA Organization (2012) ed è uno dei sei paesi che nel 2021 hanno fondato lo SKA Observatory (oggi i paesi coinvolti sono sedici).”

Ma come si costruisce il più grande radiotelescopio del mondo e cosa permetterà di scoprire? Per rispondere abbiamo dialogato approfonditamente con la dott.ssa Isabella Prandoni che ci ha permesso di comprendere appieno la portata di questa impresa internazionale. 

Dott.Ssa Prandoni, da quali esigenze nasce la realizzazione del più grande telescopio del mondo e quale obiettivo si vuole raggiungere? 

Il concetto di Square Kilometre Array (SKA) è nato oltre 30 anni fa con un obiettivo ben chiaro, ma estremamente ambizioso: colmare le nostre lacune nella comprensione dell’Universo e della sua evoluzione cosmica, osservando il suo costituente più abbondante – l’idrogeno – e la sua distribuzione nell’Universo fino alle regioni dello spazio piu’ remote  (o piu’ lontane nel tempo). Per mappare l’idrogeno all’interno della Via Lattea basterebbe osservare le onde radio, alla lunghezza d’onda di 21,1 centimetri o 1.420 MegaHertz (MHz), ma per poter osservare l’idrogeno più lontano occorre uno strumento più sofisticato, capace di captare anche lunghezze d’onda più grandi. Il fatto è che l’Universo  è in espansione e quando osserviamo oggetti distanti che si allontanano da noi  si verifica uno spostamento verso il rosso, il redshift, in cui le onde si ‘allungano’ e si va verso frequenze più basse. Si arriva fino a 50 MHz quando esploriamo l’alba cosmica, il momento in cui si sono formate le prime stelle. Da qui nasce l’idea di costruire un radio telescopio estremamente sensibile e capace di coprire un ampio spettro di frequenze. È chiaro, tuttavia, che un radiotelescopio con queste capacità consente di fare un’infinità di altre scoperte importanti, in settori diversi, come la formazione di pianeti simili alla Terra, l’origine dei campi magnetici cosmici e di fenomeni  transienti come i misteriosi ‘fast radio burst’, la formazione e l’evoluzione di stelle, galassie e buchi neri, la rilevazione di onde gravitazionali, ecc. Di fatto lo SKA rivoluzionerà le nostre conoscenze in tutti i campi dell’astrofisica e della cosmologia moderna e avrà importanti applicazioni scientifiche anche nel campo della fisica generale e astro-particellare.

Come concretamente si declina il coinvolgimento italiano e dell’Istituto Nazionale di Astrofisica nel progetto?

L’Italia ha ruoli di leadership in diverse delle attività tecnologiche in corso. In particolare ha svolto un ruolo di primo piano nella progettazione e nello sviluppo delle antenne, dei ricevitori e della catena di acquisizione dei segnali di SKA-Low, ed è ora attivamente coinvolta nella produzione, nel dispiegamento e nella messa in servizio delle  stazioni  in Australia. Vale la pena ricordare che il progetto italiano dell’antenna (SKALA 4.1AL), DESIGN italiano dell’antenna (SKALA 4.1AL)  è stato scelto rispetto a uno concorrente, dopo un’ampia campagna di test in loco. Inoltre, l’INAF ha introdotto la cosiddetta tecnologia RFoF (RadioFrequency over Fibre) nella progettazione dei ricevitori SKA-Low, che consente agli array di antenne di trasportare tutti i segnali in una struttura centrale, che è gia’ stata implementata con successo nelle prime stazioni prototipo. L’Italia ha anche guidato la progettazione e lo sviluppo del software Local Monitor and Control (LMC) per le parabole di SKA-Mid ed è ampiamente coinvolta nello sviluppo del software che gestirà i due telescopi e degli algoritmi di elaborazione dati.

 

La leadership italiana è riconosciuta anche in ambito scientifico. La comunità astronomica italiana partecipa attivamente, con oltre 100 ricercatori, alle diverse fasi preparatorie allo sfruttamento scientifico di SKA, e ha ruoli di coordinamento in diverse aree di ricerca di interesse per SKA. 

SKA produrrà una mole di dati senza precedenti e il suo impatto scientifico dipenderà criticamente dalla capacità di sfruttarli appieno, attraverso la creazione di adeguate infrastrutture di elaborazione ed archiviazione dati. L’Italia è fortemente impegnata nello sviluppo di un grande centro nazionale di calcolo dedicato a SKA.

Cosa ci fa scoprire la radioastronomia e quali sono state le scoperte più recenti e più significative? 

La radioastronomia è una branca relativamente giovane della scienza astronomica: il primo segnale radio dall’Universo fu captato dall’ing. Karl Jansky dei Bell Laboratories nel 1932. La storia vera e propria della radioastronomia ha tuttavia inizio solo dopo la seconda guerra mondiale ed è stata caratterizzata da una lunga serie di scoperte, che hanno rivoluzionato la nostra comprensione dell’Universo.  Pulsar, quasar,  radiogalassie, maser molecolari, dischi proto-planetari, molecole complesse e amminoacidi (i mattoni ella vita), la radiazione cosmica di fondo, sono tutte importanti scoperte della radioastronomia  Una delle più recenti sono i cosiddetti Fast Radio Bursts (o lampi radio veloci), impulsi radio transitori di durata variabile da una frazione di millisecondo a qualche secondo. Il primo e’ stato scoperto nel 2007 da ricerche di archivio; ad oggi se ne conoscono oltre 800. La maggior parte degli FRB  e’ di origine extra-galattica, e si manifesta una sola volta, rendendone molto difficile uno studio sistematico. Alcuni  si sono ripetuti in modo apparentemente irregolare nel tempo. Il/i processo/i astrofisico/i che li generano sono di natura a tutt’oggi sconosciuta.

 

di Sara Giudice

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Uomo nel grano - ph Pexels

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