L’Italia ne produce 35mila tonnellate l’anno, soprattutto in Sicilia e in Puglia
Anche l’estate 2024 ha messo a dura prova la resistenza delle piante all’arsura e alla siccità. Dalla Sicilia in su, tutto il territorio italiano ha conosciuto temperature infuocate e danni all’agricoltura, anche in conseguenza degli sbalzi dei messi precedenti. Per questo gli scienziati e gli agricoltori cominciano a pensare a colture alternative a quelle tradizionali e fra le altre il carrubo pare avere parecchie chance.
Resistente in generale e al caldo in particolare, poco bisognoso di acqua e molto resistente ai parassiti (quindi spontaneamente a ridotto impatto ambientale) il carrubo si propone come un vero e proprio superfood, vero e proprio succedaneo del cacao, ricco di fibre ma con pochi grassi e privo di caffeina (qualcuno in Italia ha già cominciato a sfruttare in maniera glamour questa caratteristica). Questa leguminosa citata anche nel Vangelo potrebbe avere quindi molta fortuna, se più aziende agricole riconvertissero le loro produzioni, anche in considerazione dei cambiamenti climatici.
Peraltro, poiché la richiesta aumenta e il prodotto scarseggia, le quotazioni per le farine di carrubo continuano a salire, anche perché i prezzi del cacao sono alle stelle. Senza bisogno di aggiungere zuccheri e con la possibilità di un prodotto bio al 100%, vista la sua grande resistenza, il carrubo potrebbe rappresentare una valida alternativa per dolci, torte, biscotti, creme e budini, ma anche prodotti da forno.
A livello mondiale sono 200mila circa gli ettari coltivati, di cui 148mila in Europa tra Spagna, Italia, Portogallo e Grecia, che contribuiscono per il 70% alla produzione globale. L’Italia – come spesso accade – ha il potenziale per eccellere, visto che produce una media di 35mila tonnellate di carrube l’anno. Le regioni più virtuose sono la Sicilia e, in parte, la Puglia.
di Daniela Faggion