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23 Marzo 2024 | Disinformational

Elezioni europee, la lotta alle fake news non andrà bene e vi spieghiamo perché

La Commissione Europea nei giorni scorsi ha preso una serie di iniziative per combattere le notizie false che si moltiplicheranno con l’avvicinarsi delle prossime elezioni. Sono state varate delle attività repressive e norme sanzionatorie. L’Europa già si era dotata di una organizzazione di contrasto e ha dato vita all’ Edmo, l’osservatorio europeo sui media che proprio di disinformazione si occupa ed è guidato dall’Istituto universitario europeo di Firenze.

Con un bando in evidente ritardo lo scorso ottobre l’Unione Europea aveva stanziato circa un milione di euro per “rafforzare la capacità della comunità europea di verifica dei fatti e di rispondere in modo rapido ed efficace alle crisi”. Per dirla in parole semplici, trovare idee per aiutare i verificatori dell’agenzia della UE a capire cosa si può fare.

Il problema è che non c’è nulla di nuovo sul piano sostanziale rispetto alle elezioni scorse, e per di più oggi la tecnologia dell’intelligenza artificiale facilita il lavoro dei trolls e dei loro amici.

Già per le scorse elezioni europee si verificò un fenomeno di invasione di notizie false le cui dimensioni non sono mai state efficacemente analizzate. Stiamo parlando di milioni di account generati con nomi palesemente fasulli, spesso variazioni di lettere casuali. E fake news talvolta assurde, ma perfettamente strutturate, acchiappaclic come si usa dire.

Le piattaforme furono ‘avvertite’ affinché mettessero in opera tutte le azioni di prevenzione. Lo stesso è avvenuto anche quest’anno. Il problema è che anche le più semplici procedure tecniche previste per le elezioni del 2019 non hanno funzionato. E ragionevolmente non funzioneranno nemmeno quest’anno. Facciamo un esempio. La pubblicazione di post di contenuto politico era limitata agli indirizzi IP che risultavano fisicamente nella stessa area a cui si rivolgeva il post. Quindi i post politici in Italia potevano arrivare solo da utenti connessi in Italia. Ora, sono certo che i maligni dotati di un minimo spirito tecnico diranno che simulare di essere in un paese attraverso una connessione Vpn è semplicissimo. Sì, certo, ma quello che è successo è qualcosa di ancora diverso e oggettivamente più grave. Uno studio dell’università di Washington portato al tavolo tecnico sulla disinformazione dell’Agcom (che per inciso è silente da tempo), ha dimostrato che anche questo semplice provvedimento non ha funzionato. Per nulla.

La mappa che qui riproduciamo lo rappresenta piuttosto bene. I social media non sono riusciti nemmeno a impedire che 200 mila account distribuiti in tutto il mondo producessero quantitativi enormi di post di propaganda superando qualsiasi filtro. E stiamo esaminando solo i dati della Germania.

L’altro elemento che sarà difficile da arginare, è l’efficacia e la competenza dei produttori di fake news, oggi aiutati dall’intelligenza artificiale. I dati ci dicono che in passato si è trattato soprattutto di organizzazioni a sostegno dei movimenti e dei partiti sovranisti.
Dai dati nello specifico sulla Germania risulta che circa l’85% dell’attività di disinformazione e della propagazione attraverso account falsi sia stata fatta a favore di AFD Alternative für Deutschland.

È evidente che cercare di affidarsi a un’attività di polizia tecnologica, alle sanzioni, alla buona volontà di Google, Meta o Musk, non è sufficiente. Diamo atto che sulla difesa della veridicità dei contenuti ha fatto molto Meta negli ultimi periodi, anche se con risultati da discutere. Dall’altro lato c’è chi in nome della libertà di informazione, e evidentemente di disinformazione, ritiene politicamente corretto non fare nulla come il caso di X, verso cui la Commissione europea alla fine dell’anno scorso ha avviato un’indagine proprio per la mancata protezione degli utenti dalle notizie false.

Da parte dei partiti politici, che sono parte in causa e dovrebbero fare azioni concrete per difendersi, fino a questo momento la cronaca registra solo prese di posizione senza iniziative pratiche. Sarebbe opportuno attivare task force per il monitoraggio e il contrasto delle notizie false, la loro intercettazione e segnalazione. Perché se è difficile aspettarsi che Meta e altri siano nelle condizioni di fare delle verifiche puntuali sulle attività di disinformazione, possiamo però auspicare che a fronte di una attività di segnalazione da parte degli utenti o meglio ancora delle organizzazioni politiche coinvolte, l’intervento da da parte del social network possa essere attivato in modo più efficace e velocemente. Se non altro per le imponenti sanzioni previste dalla normativa europea che arrivano fino al 6% del fatturato.

Ci troviamo dunque di fronte a una grande sfida che non è solo elettorale, ma dopo le esperienze recenti delle elezioni americane, della Brexit e anche, come ci ha documentato il report università di Washington, l’invasione di notizie false alle scorse elezioni europee, la tenuta informativa, e quindi anche democratica del nostro continente, sarà sottoposta a uno stress mai visto prima che le organizzazioni politiche dovrebbero prepararsi ad affrontare.

Il problema in questo momento è focalizzato sulla democrazie e le elezioni, ma l’escalation tecnologica a sostegno delle fake news è un problema gigantesco che richiede alle imprese e ai professionisti esposti di attrezzarsi con competenze e procedure.

Giorgio Tedeschi

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